L’Accademia di Belle Arti ritrova il suo centro con gli “Stati generali dell’arte e della formazione artistica”

(L’Aquila) Sul paradigma “Centro/Periferia/Centro”,  tra gli eventi celebrativi del cinquantennale, l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila ha costruito, dal 17 al 19 ottobre, gli “Stati generali dell’arte e della formazione artistica contemporanea in Abruzzo”, proponendosi quale punto di riferimento per la riflessione e la condivisione di valori, criticità e buone prassi dell’arte contemporanea in regione.

L’iniziativa ha chiamato a raccolta tutti i portatori d’interesse del settore, riunendo personalità, organizzazioni, esperienze e stimolando un inedito confronto con il mondo della formazione, delle politiche culturali istituzionali e della comunicazione.

Sicuramente “Centro”, l’Abaq,  fin dalla fondazione, quando dal suo ambiente peculiare e unico si irradiarono energie artistiche capaci di interagire con il fermento di una città territorio che vedeva sorgere coraggiose e valide esperienze, come quella del Teatro Stabile, nella dimensione innovatrice e avanguardista dei primi tempi.

“Centro”, per la capacità di attrarre la partecipazione militante di artisti, scenografi, musicisti, attori che hanno lasciato un segno indelebile nella memoria collettiva, disseminando germi di ispirazione e creatività. “Centro”, infine, in cui si sono formate generazioni di allievi, alcuni oggi affermati artisti o essi stessi docenti; altri operano in sistemi decentrati o periferici, capaci tuttavia di farsi essi stessi “centro” e di dimostrare la necessità e la vitalità dell’arte in processi fecondi di trasformazione e di rigenerazione.

Per tre giorni, grazie al capace impegno organizzativo ed ideativo di Maurizio Coccia e Silvano Manganaro, docenti dell’Accademia,  e del Direttore Marco Brandizzi, in special modo nell’ultima giornata, organizzata in tavoli tematici e con modalità partecipative, l’iniziativa ha originato un vivo fermento intellettuale e critico e gli spazi dell’Accademia sono tornati a riempirsi di una comunità variegata di allievi, artisti, studiosi, critici d’arte, docenti, giornalisti.

La prima giornata è stata dedicata in parte alle istituzioni politiche e culturali (Abaq, Comune e Provincia dell’Aquila, Regione Abruzzo, MIUR, Polo Museale Abruzzo, Fondazione Carispaq, con l’economista della cultura Alessandro Crociata) e, nel pomeriggio, alle buone pratiche esperite da realtà che sono riuscite a dare continuità  alle loro progettualità e che possono pertanto suggerire percorsi di replicabilità.  Quelle storiche, come l’eredità di Joseph Beuys a Bolognano (PE), narrata dal curatore dell’archivio De Domizio Durini, Giorgio D’Orazio, e  della straordinaria invenzione di “FuoriUso”, descritta da Simone Ciglia a pochi giorni dalla scomparsa dell’ideatore Cesare Manzo, vero e proprio  pioniere dell’arte contemporanea in Italia, che riuscì a immaginare l’arte nei luoghi non deputati, vitalizzando siti di archeologia industriale.

Può certamente ispirare l’esperienza dell’aquilano  Muspaq, che, negli aneddoti raccontati dal fondatore Enrico Sconci, fu originariamente incoraggiato proprio dal contatto con  la De Domizio Durini e con Beuys e in seguito da quello con Bussotti, Chiari, Bene, Mauri, tra i tanti artisti che hanno frequentato L’Aquila in quegli anni straordinari.

Emozionante l’incontro con Lucia Spadano, da quarantacinque anni alla guida della rivista “Segno”,  con le sue schegge di memoria di un clima culturale che rendeva Pescara un centro nazionale per l’arte contemporanea, negli anni in cui la galleria d’arte Pieroni attraeva artisti celebri, come Beuys o ancora sconosciuti, come Cucchi, e la redazione della rivista era un laboratorio fecondo di incontri e relazioni.

L’imprenditore Alessandro Di Loreto ha presentato la Fondazione Aria, della quale è presidente e che riunisce industriali illuminati che investono nell’arte contemporanea coinvolgendo gli artisti in progetti di valorizzazione dei paesaggi d’Abruzzo. Positiva anche l’esperienza, raccontata dalla giovane responsabile, Barbara Nardacchione,  di “No Man’s Land” di Loreto Aprutino (PE), con la grande installazione realizzata da Yona Friedman e Jean-Baptiste Decavèle, sotto la direzione artistica di Cecilia Casorati (ex docente dell’Abaq), con Zerynthia Associazione per l’Arte Contemporanea O.d.V. e lo stesso Mario Pieroni, che ha donato il terreno per ospitarla.

Il progetto culturale di Castelbasso (TE),  riuscito nell’intento di trasformare un borgo spopolato in una residenza per l’arte, restaurando e valorizzandone le architetture storiche e rurali, è stato illustrato dal fautore mecenate Osvaldo Menegaz, che ha posto l’accento sulla necessità di educare  all’arte contemporanea i ragazzi in età scolare e sul fare rete per aumentare le possibilità di radicamento.

Il segretario generale della Fondazione MAXXI, Pietro Barrera, ha chiuso la prima parte dei lavori, annunciando l’apertura al pubblico della sede aquilana del Museo il 20 giugno 2020. Le opere di Elisabetta Benassi, Daniela De Lorenzo, Alberto Garutti, Nunzio e dell’artista russa Anastasia Potemkina accoglieranno i visitatori, con uno speciale omaggio ad Ettore Spalletti, scomparso pochi giorni orsono.

“Educare all’arte, educare con l’arte” è stato il tema della seconda giornata, che ha dato voce, per la prima volta, forse, nello stesso contesto, a tutte le realtà formative abruzzesi: Università, Licei Artistici, Conservatorio, Scuola di Cinematografia, Gran Sasso Science Institute, protagonista di virtuose relazioni con gli artisti e la città, e la stessa Accademia, con il vicedirettore e docente Marcello Gallucci.

Una tematica, quella della formazione, dagli importanti risvolti etici, oltre che didattici, e giustamente riportata, l’indomani, sul tavolo di uno dei gruppi di lavoro. “Formare, informare, performare?” A parlarne artisti e docenti quali Lea Contestabile, Sergio Nannicola, Licia Galizia, Teresa Macrì, Sergio Sarra, Francesco D’Incecco, Dino Ferruzzi (coordinatore), Giuseppe Stampone e, tra formazione e informazione, appunto, è giunta la richiesta di Nannicola di rivalutare la prevista partecipazione degli artisti alla progettazione degli spazi urbani (L.7117/49), propugnata energicamente in passato da un altro storico insegnante dell’Accademia, l’indimenticato Tullio Catalano.

Gli altri tavoli hanno affrontato i temi dei rapporti tra arte contemporanea e istituzioni (coordinatore Giacinto Di Pietrantonio, critico e curatore che ha affiancato Cesare Manzo nella bella avventura di FuoriUso) con, tra gli altri, due sindaci virtuosi, Gaetano Carboni e Sabrina Ciancone, della ricerca di un mercato per l’arte “tra domanda ed offerta, desiderio e status” (con il coordinamento della gallerista Paola Capata), dell’operare e progettare ai margini del sistema nazionale dell’arte (Lucia Zappacosta) e, infine, coordinato da Paolo Di Vincenzo (con Antonio Gasbarrini, Simone Gambacorta, Anna Fusaro, Maila Buglioni, Alessio Crisantemi, Antonella Muzi e Paolo Pacitti), il tavolo dedicato alla comunicazione, tema cruciale per l’arte e per gli artisti affinché vedano valorizzato e rappresentato nella giusta luce e con utili letture critiche il loro impegno creativo e culturale.

Un momento corale ha registrato la restituzione delle discussioni ai tavoli delineando un quadro composito, con diverse criticità e aspetti da migliorare: dalla scarsa lungimiranza quando non invasività della politica alla distanza degli artisti dalle istituzioni, dalla difficoltà a creare sinergie alla formazione di adeguate competenze, alla insufficiente attenzione dei media, non tanto nelle cronache dei fatti d’arte quanto nella costruzione di una loro imprescindibile memoria storica.

Avvalorata pienamente, del resto, la positività della proposta e del percorso seguito da questi primi Stati Generali dell’arte, che potranno auspicabilemente essere replicati e portare nuova linfa e attenzione all’arte contemporanea in Abruzzo, facendo tesoro dell’esauriente mappa dei portatori d’interesse ottenuta e della percezione del dinamismo culturale con cui tante valide realtà regionali si misurano con l’arte come strumento di rigenerazione di persone, comunità e luoghi, oltre che della rete di relazioni costruita e degli impegni assunti.

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