“La stanza del pastore”: biografia teatrale di un poeta transumante

La Stanza del Pastore, ph. Teatro Immediato

Lo stazzo, che il protagonista innalza alla fine dello spettacolo, è il correlativo oggettivo della vicenda evocata in scena. Vicenda che appartiene alla cultura pastorale, identitaria dell’Abruzzo montano, e alla tradizione secolare e fondante di borghi e comunità del Gran Sasso: quella della transumanza e dei pastori che, per infinite stagioni, hanno percorso i tratturi che in autunno conducevano al mare e al Tavoliere delle Puglie, alla ricerca di pascoli erbosi, con il loro carico di animali, solitudini e fatiche.

Di uno di essi si narra, in particolare, Francesco Giuliani ( 1890-1970) da Castel del Monte, dove oggi gli è intitolato un teatro. Un pastore poeta, la cui sorprendente biografia ha ispirato la drammaturgia dello spettacolo, curata da Vincenzo Mambella da un’idea del giornalista Angelo De Nicola, del Presidente della Fondazione “Aria”, Alessandro Di Loreto, e del musicista Pierluigi Ruggiero, che vi hanno scorto l’opportunità di coadiuvare la proposta, oggi felicemente compiuta, che la tradizione della transumanza abruzzese, unitamente a quelle analoghe di altri paesi europei, potesse entrare nel patrimonio immateriale dell’Unesco.

Cinquant’anni Giuliani visse da transumante, lontano dalla famiglia per otto mesi all’anno; stagioni interminabili durante le quali, da autodidatta, egli imparò a leggere, e quindi a scrivere, facendo della conoscenza una chiave di saggezza e di umanità, una lente per guardare ai misteri della natura e alle cose del mondo e onorando la passione per la lettura con il lascito di una biblioteca di oltre quattrocento volumi.

Edoardo Oliva. Ph. Teatro Immediato

Lo fa rivivere in scena,  da attore e regista, Edoardo Oliva, fondatore, nel 2005, e direttore artistico del Teatro Immediato di Pescara, interprete di solida esperienza e di intensa presenza  scenica, con un interesse per l’eredità delle culture tradizionali nella contemporaneità ed i temi dell’erranza, che ha posto al centro dell’attività recente del suo teatro.

Seduto al centro della scena, circondato da oggetti rappresentativi di una dimensione esistenziale illuminata dalla passione per la parola, ne “La stanza del pastore” Giuliani instaura un dialogo intimo con la moglie scomparsa, che lo spettatore immagina guardarlo da una foto in una vecchia cornice di legno, con affetto, pari al suo, timidamente mai espresso a parole. Scaturisce da qui un flusso di coscienza e di memoria che restituisce un ritratto affascinante del transumante, conoscitore e declamatore di versi danteschi, del Tasso e dell’Ariosto, lirico interprete della bellezza delle montagne e del paesaggio, annotatore, nei suoi diari, dei tragici fatti vissuti da soldato durante la Grande guerra.

La lettura di Oliva ne svela l’anima candida e illuminata, l’umanità irreprensibile e la tempra irrobustita che ancora resistono alla stanchezza dell’età e al peso dei ricordi. Alcuni dolorosi, come le inconcepibili morti dei soldati sul fronte o la tragedia del pastore Pupi Nunzio e della sua famiglia, sorpresi dalla tormenta a Campo Imperatore, dove oggi li ricorda un gruppo scultoreo.

La stanza è un piccolo spazio illuminato al centro del palcoscenico che, nella scenografia curata da Francesco Vitelli, è un sacrario di oggetti, ricordi, libri e attrezzi del mestiere di pastore ed artigiano, giacché, mentre racconta, Giuliani ancora intaglia il legno, pratica cui egli si dedicò in vita con perizia, soprattutto dopo aver smesso l’attività di pastore, come informa l’ex sindaco di Castel del Monte, Mario Basile, nel suo volume dedicato alla cultura e alla storia del paese. Anche qui, interpretando la tradizione tramandata dei manufatti di legno con uno stile personale, si fece notare per l’originalità dei soggetti e realizzò dei lavori anche per lo scrittore Alberto Moravia.

La stanza del Pastore, Ph. Teatro Immediato

Abbiamo visto lo spettacolo, co-prodotto da Fondazione Aria e Teatro Immediato, ai Cantieri dell’Immaginario, all’Aquila, dove è stato presentato dal Teatro Stabile d’Abruzzo il 16 luglio.  E’ costruito su un doppio registro di parola e musica, quest’ultima presente non come mera cornice o accompagnamento, ma con una sua propria funzione significante e interagente con il recitato. Si tratta di brani originali composti da Giuliano Di Giuseppe e da questi eseguiti con Luca Trabucchi (chitarra), Pierluigi Ruggiero (violoncello), Virginia Galliani (violino), Claudio Di Bucchianico (oboe), che si alternano ai monologhi facilitando la dimensione lirica ed onirica della narrazione. Talvolta le musiche paiono esprimere davvero un’estensione dei sentimenti e delle emozioni del protagonista, a tal punto che sul finale, nel delimitare lo spazio dello stazzo, in un gesto usato ma rituale, che acquista valore metafisico, Oliva ricomprende anche l’orchestra, prima di uscire di scena, così come vi era apparso, avvolto nel mantello a ruota;  sintetizzando in quell’ “andare si deve” l’essenza stessa della transumanza: quella fatale, ineludibile chiamata, al seguito di un fiume di armenti, che, con inimmaginabile sacrificio, perizia e dedizione, per secoli garantì sussistenza alle comunità della montagna, consegnando all’oggi un lascito di saperi, valori antropologici e culture vive.

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