Si incontrano, talvolta, persone come mondi, capaci di costruire esperienze che lasciano un segno nella vita di chi le abbia condivise, e un rammarico, quando vengono a mancare, come di occasioni sprecate. Così è per me l’incontro e la collaborazione con Walter Mazzitti, impareggiabile ex Presidente del Parco nazionale Gran Sasso – Laga, in cui ho lungamente militato, oltre che dell’Archeoclub d’Italia e fondatore e direttore della rivista “ABC – Abruzzo Beni Culturali”, che ci ha lasciati prematuramente il 9 maggio scorso.
In uno dei suoi ultimi post su facebook l’annuncio della redazione di un “Manifesto dei cittadini per il patrimonio culturale italiano” e una riflessione sfidante sulla necessità di un’azione politica decisiva a favore di chi, a fronte di una precarietà perdurante quanto ignorata, si occupa di cultura nel nostro paese.
Nutro per lui profonda gratitudine e lo annovero tra i miei, pochi, benefattori, allorché, nel lontano 2006, a seguito del mio trasferimento nel Teramano, dopo aver tentato inutilmente di farmi accogliere professionalmente in ogni dove, ricevendo una mia lettera di presentazione, egli mi aprì le porte del Parco e della sua stima, per “un’intuizione – come ebbe a scrivermi – ampiamente ripagata da bravura e competenza”.
Non fu facile lavorare con lui, esigeva molto dai suoi collaboratori, così come egli stesso non si risparmiava. Ricercava un valore nelle persone e una soddisfazione spesso ardua da ottenere, mentre rifuggiva, anche bruscamente, dalla mediocrità. Fu, quella, una stagione formidabile e irripetibile, per l’impronta culturalmente elevata, internazionale ed etica che era deciso a infondere ad una operatività instancabile e per la passione con cui contagiava i suoi compagni di strada.
Dopo averci sfidato, e spesso stressato, nella richiesta di adesione a quella qualità ideale personale, ci avrebbe inaspettatamente ringraziato, diversi anni dopo, nominandoci uno ad uno nella prefazione del suo libro – memoria sull’esperienza al Parco. Non c’era stato, del resto, neppure modo di salutarsi adeguatamente quando, proprio sul punto di perfezionare e far vivere quel multiforme progetto di sviluppo sostenibile, o almeno possibile e comunque in fieri, come un fulmine a ciel sereno, giunse la notizia di un commissariamento, qualcosa che appariva paradossale e inaudita allo stesso tempo, quasi, pareva accadere, per un eccesso di virtuosità nella gestione.
Il presidente Mazzitti aveva una visione di sviluppo in cui i valori ambientali e culturali si integrassero e perseguiva pervicacemente le sue intuizioni, nutrite dalle molte esperienze e dall’alto tenore dei suoi impegni all’estero, trovando magicamente le risorse necessarie a realizzarle e reinvestendone e rilanciandone il successo senza soluzione di continuità, ma sempre condividendolo con le rappresentanze locali.
Ci sono espressioni e slogan che definivano progetti e che, quand’anche non proseguiti o abbandonati dai suoi successori, sono rimasti nel linguaggio comune e nell’immaginario collettivo. Ecco allora “La strada Maestra”, con cui siamo ormai soliti designare la Statale 80, “Il Piccolo Tibet” di Fosco Maraini, con cui facilmente identifichiamo Campo Imperatore, e l’ispirata nomenclatura dei distretti ambientali e turistico culturali che di ciascuna porzione di territorio esprimevano un’identità profonda e simbolica. La stessa idea di “Parco”, come elemento qualificante delle attività imprenditoriali in area protetta, è un valore aggiunto il cui attecchimento dobbiamo a lui e a quella sua incessante opera di diffusione e di plauso. “Capolavori della natura, capolavori della cultura”: qui trovavano una sintesi la conservazione, la salvaguardia e la celebrazione della biodiversità e insieme la difesa dei patrimoni artistici, archeologici e delle culture materiali.
Competente, entusiasta, intransigente, stupiva sentirlo parlare fluentemente diverse lingue straniere e orchestrare magistralmente le attività istituzionali e quella iperproduzione di prodotti di comunicazione che costituivano il suo fiore all’occhiello: la divulgazione sui canali televisivi, gli house organ, i volumi e le ricerche, la casa editrice del Parco, che aveva fortemente voluto, e la rivista “Biodiversità Italiana” del Ministero dell’Ambiente, la cui redazione concentrò ad Assergi insieme alle migliori energie dell’ambiente scientifico italiano.
Appassionato della cultura in tutte le sue forme, ha aperto gli scenari del parco agli artisti, ai musicisti, al cinema naturalistico e al teatro, ha avvalorato le espressioni artigianali storiche, le pratiche pastorali e le culture agroalimentari, sostenendo con decisione i presidi Slow Food, senza tralasciare la cooperazione internazionale, che lo portò ad adottare il presidio del dattero di Siwa e a mettere a disposizione il know how dei suoi tecnici per la realizzazione del parco nazionale delle balene fossili di Wadi el Ryan, sempre in Egitto.
Il tema dell’acqua, a lui particolarmente caro, fu al centro della sua gestione divenendo strumento di condivisione con migliaia di studenti, oltre che cuore di un museo tematico a San Pietro di Isola del Gran Sasso, uno dei tanti musei di cui riuscì a dotare il territorio, mentre da pioniere già guardava con attenzione alla formula degli ecomusei.
Il suo era il Parco dell’orgoglio nei primati naturalistici, dei progetti ambiziosi e dei grandi eventi, ma anche dell’esaltazione della ricerca scientifica, della rivalsa delle aree interne, della celebrazione della montagna e dei suoi più eroici interpreti. E se ad alcuni appariva eccessiva e presenzialista quella sua ostinazione nel comunicare, sebbene questo non fosse mai disgiunto dal fare, con il senno di poi, molti hanno rimpianto la sua guida sapiente, decisa e lungimirante. Una persona – mondo, Mazzitti, che mancherà molto.