Dècade di Arti e Spettacolo. La vita del teatro e della città nel decennale del sisma.

L’Aquila _“Dècade – Città Possibili”, fruito da ottocento spettatori in diciotto repliche, ha espresso l’omaggio di “Arti e Spettacolo”, l’associazione teatrale guidata dal 1994 da Giancarlo Gentilucci e Tiziana Irti, alla città ferita, nel decennale del sisma, e alla sua ricostruzione, ma anche l’idea di trasformare il decennale del “Nobelperlapace”,  il suo teatro, in occasione autenticamente culturale, cioè influente, che susciti partecipazione e interrogativi sul presente e sul futuro dell’Aquila e della sua comunità, a partire dall’interpretazione terza di un vissuto ancora troppo acceso di ricordi e delle memorie vive dei sopravvissuti.

Lo ha fatto rispettando un impegno di fedeltà verso le origini stesse del Teatro, che nacque nell’immediatezza del dopo terremoto, quando l’associazione “Arti e Spettacolo” riorganizzò le proprie attività all’interno di una tendopoli, a Villa Sant’Angelo, prima di trasferirle stabilmente a San Demetrio ne’ Vestini. Qui, il 9 luglio 2009, il Teatro “Nobelperlapace” venne inaugurato alla presenza del Premio Nobel Betty Williams e degli attori George Clooney e Bill Murrey, diventando un polo di produzione e di fruizione di spettacoli ed esperienze artistiche orientate alla riflessione di tematiche della contemporaneità.

Un momento di Dècade, ph. Arti&Spettacolo

“Dècade” è stato un evento performativo itinerante che “Arti e Spettacolo” ha affidato al Collettivo Circolo Bergman e alla regia di Paolo Giorgio (concept Paolo Giorgio, Marcello Gori, Sara Chiarcos). Un esperimento di “teatro del paesaggio”, che è riuscito nell’intento di fare di ciascun partecipante l’attore di un’azione collettiva, semplice come muoversi in uno spazio segnato ma costantemente immersa in una dimensione sospesa, sacra e poetica. A gruppi di trenta alla volta, gli spettatori si sono mossi alle indicazioni di una guida sonora somministrate tramite un sistema di cuffie wireless. Il testo è scaturito da interviste con residenti, professionisti, operai, artisti.

Abbiamo udito i rumori, il  frastuono confuso della prime ore seguite alla tragedia, il vociare delle piazze, parole che raccontano, immaginano, esprimono pensieri e interrogativi: quali saranno gli abitanti della città ricostruita, torneranno gli abitanti del centro, ora dispersi nei nuovi insediamenti urbani o migrati in altre città? Chi sta progettando la città futura e quale ruolo giocano i cittadini in questa progettazione? Se è vero che lo spazio intriso delle nostre memorie influisce nella costruzione delle identità, che persone saremo e che “città possibile” potrà essere L’Aquila, tra altri dieci anni?

Un viaggio nel cuore della città, che sfiora il Parco del Castello, avendo come punto di raccolta del pubblico la libreria Polarville e toccando spazi intrisi di vita e di memoria quali piazza Regina Margherita,  dove ha sede la cantina del Boss, che aprì i battenti anche all’indomani del sisma, offrendo un luogo, forse il solo, di socializzazione. Si raggiunge piazza S. Maria Paganica, laddove il bello e il nuovo della futura sede del MAXXI fronteggiano l’insostenibile rovina dell’antica chiesa; di qui a Piazza Chiarino,  spazio riconquistato della movida aquilana e teatro di interventi artistici e, quindi, proseguendo composti su Via Garibaldi, fino a raggiungere un prestigioso palazzo restaurato, silenziosamente accolti in un appartamento privato, bellissimo e persino troppo “nuovo” e lucido per ritessere i fili della storia personale: che è fatta anche di odori, di tracce e di patine impressi alle suppellettili dall’uso e dal tempo.

Ph. Paolo Porto

Ridiscendendo lungo Via Cascina, fino alle rovine dolorose di palazzo Carli, storica sede dell’Università, si intravede lo sfondo immoto di via Roma. Si costeggia il collegio dei Gesuiti, dove gli splendidi bassorilievi sono rigogliosamente ricoperti da erbe spontanee. Si arriva così alla piazza antistante la chiesa di Santa Margherita, con lo stridente manifesto ricalcato sulla particolare facciata in pietra. Il percorso sosta nei pressi della statua di Sallustio, al tempo ripulita dal popolo delle carriole, in Piazza Palazzo, dove persiste il degrado della gloriosa biblioteca provinciale. Fino ai Quattro Cantoni, dove il gruppo si scioglie e gli spettatori salutano, portandosi dietro, ciascuno, la propria esperienza, un senso di solitudine desertico,  suggestioni e pensieri duraturi.

“Dècade” è stato un esempio di come il teatro, e le arti, in tutte le loro forme più illuminate ed autentiche, possano stimolare conoscenza ed autocoscienza, e la ricomposizione di memorie che sono leva imprescindibile per immaginare il futuro. Come spiega Gentilucci in un’intervista (Pane Acqua Culture): “Fare arte per ricercare un’identità comporta un grande lavoro sulla memoria, sul “paesaggio” e sulle vocazioni del territorio, ma anche l’impegno a indagare i rapporti intergenerazionali attraverso l’analisi delle competenze sia degli anziani sia dei giovani per costruire nuovi legami …Tutto questo lavoro ci può sicuramente aiutare nella pratica del teatro, che non può essere avulsa dal luogo in cui accade. Il teatro è una delle componenti e dei collanti di una comunità e cementa nuove relazioni”.

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