E’ stata inaugurata ieri nella Sala Napoleonica dell’Accademia di Belle Arti di Brera, dove si potrà visitare fino al 22 luglio, la mostra “Alto Liccio – L’arazzo tra passato, presente e futuro”, a cura di Sergio Nannicola, sintesi di un progetto della Scuola di Decorazione coordinato dal maestro aquilano e condiviso con la storica e prestigiosa Arazzeria Scassa di Asti.
La mostra restituisce un’esperienza formativa nata in rete all’epoca delle restrizioni imposte dalla pandemia e finalmente calata nella realtà laboratoriale dell’Arazzeria di Asti tra il 2020 e il 2022, quando ventitré allieve sono state selezionate per realizzare altrettanti lavori originali su propri bozzetti, gli stessi che oggi sono in mostra, unitamente a quattro pregiati arazzi realizzati dall’arazzeria e custoditi nella collezione permanente del suo Museo: una “Venere” da Botero, “Fiori notturni” da Paul Klee, “L’Attesa” da Felice Casorati, “Chimera” da Corrado Cagli.
In coincidenza con l’apertura della mostra è stato presentato il volume omonimo “Alto Liccio – L’arazzo tra passato, presente e futuro, edito da Manfredi Edizioni, con testi di Massimo Bilotta (direttore artistico Arazzeria Scassa), Silvana Cincotti, Valeria Tassinari, Maria Cristiana Fioretti, Ida Chicca Terracciano, Matilde Galletti e dello stesso Nannicola.
L’iniziativa ha voluto celebrare il ruolo storico avuto nei confronti dell’arte dalle arazzerie, che, anche in considerazione dell’esiguità di tali realtà sul territorio nazionale, meriterebbero di ricevere maggiore attenzione e di esser messe in condizione di continuare a produrre bellezza e stupore, soprattutto coinvolgendo i giovani, come accadeva un tempo, quando la tessitura era materia d’insegnamento negli istituti d’arte. Si tratta, infatti, di una pratica artigianale indagata e prediletta da tanti artisti, per la possibilità offerta al colore di produrre un effetto pittorico nell’accostamento dei fili, superando l’idea di una dimensione puramente decorativa del manufatto.
Si è voluto – sottolinea Nannicola – aprire una riflessione su quelle antiche quanto preziose discipline artistiche che da anni scivolano silenziosamente verso l’oblio, scomparendo una dietro l’altra dalla pratica quotidiana anche a causa di quel corto circuito che si è generato tra mondo analogico e digitale che in qualche modo ha avviato quei processi di smantellamento riscontrabili in diversi settori artigianali, considerati inopportunamente obsoleti dalla politica. Tutto alla luce di un disinteresse generale rafforzato da riforme poco lungimiranti che attualmente ne penalizzano persino la formazione artistica nelle stesse scuole pubbliche secondarie.
Riflessioni, queste, che ricordano quelle, suscitate in Abruzzo, alcuni anni fa, dalla mostra “Sul filo dell’immagine. Trame dell’arazzo contemporaneo”, organizzata a Castelbasso (TE) a cura di Simone Ciglia, a proposito delle sorti della gloriosa Arazzeria Pennese, le cui tessitrici non a caso provenivano dall’Istituto d’Arte, e del suo eccezionale patrimonio di relazioni con gli artisti più influenti dalla metà del XX secolo fino ai nostri giorni, in questo caso facilitati da Enrico Accatino, promotore della “Fiber art” (cfr. Le innovazioni di Arienti e le trame dell’arazzo contemporaneo).