Il gioco di “Medea”. L’opera del cubano Montero in un teatro da ricostruire (1998)

Apparso sul quotidiano “Liberazione” (26 luglio 1998), l’articolo che segue racconta lo spettacolo “Medea, una tragedia alla maniera attica”, coproduzione Drammateatro e Tam Teatro Musica, andata in scena al teatro comunale di Popoli, all’interno del festival “Echi”. Interpreti:  Pierangela Allegro, Massimo Balloni, Flavia Bussolotto, Michele Sambin, Cinzia Zanellato, Marco Casotto, Alejandra Quintero Vega, Susanna Costaglione, Patricia Zanco.  Luci e suono Pietro della Corte, Enrico Maso. Musica Michele Sambin.

Una serata intensa, mercoledì a Popoli, la cittadina che ospita il festival “Echi” organizzato per il terzo anno da Drammateatro. “Medea, una tragedia alla maniera attica”, dello scrittore cubano Reinaldo Montero (premio Italo Calvino per giovani autori cubani nel ’96) è andata in scena in prima nazionale nell’atmosfera densa e polverosa del cantiere del teatro comunale, da tempo in ristrutturazione. Un luogo sospeso tra ricostruzione e distruzione. Presente l’autore, l’editore Giulio Petrilli che ha pubblicato il testo per conto della Regione Abruzzo e l’assessore regionale alla cultura Alberto La Barba, vivace sostenitore, insieme all’Ufficio emigrazione e immigrazione della Regione, delle iniziative a favore di Cuba.

Claudio Di Scanno, il direttore artistico della rassegna, regista dello spettacolo, ha posto lo studio di Medea al centro delle attività del festival, lavorando per diciassette giorni all’interno del cantiere “in-finito” – questo il sottotitolo dato a “Echi” ’98 – del teatro comunale, a costruire uno spettacolo potente, che fosse istinto e crudeltà, teatro della morte e del gioco. Lo spettacolo risparmia  a Medea l’ignominia dell’assassino dei figli, fa morire non visti Glauce e Creonte e propone una figura della protagonista molto fisica e per nulla eroica, contrapposta a un Giasone goffo e squallidamente inconsistente. Nella messinscena, aiutata dalla naturale scenografia del luogo, segni di terra, acqua e fuoco. Le impalcature lasciate dai muratori sono diventate il palazzo di Creonte, le corde e le tavole i sostegni altalenanti per il dolore rabbioso di Medea e l’ignara freschezza della sposa Glauce, le carrucole attaccate al soffitto lasciano atterrare gli strumenti musicali che Orfeo/Sambin suona nelle sue evoluzioni per tutta la durata dello spettacolo.

Una tragedia del giocare, questa Medea, o una commedia che gioca con la morte, come con i dadi lanciati dal Giocatore/Pedagogo. Con la complicità di questi Medea  mette in atto la finzione della morte dei suoi figli e le basterà indicare il luogo della sepoltura per ottenere che Giasone impazzisca.

Soddisfatto del lavoro Reinaldo Montero, che ha espresso l’intenzione di portare lo spettacolo a Cuba. A Renato Nicolini, Commissario straordinario dello Stabile d’Abruzzo, l’incontro con Montero è servito per fare emergere, dalla rovina del teatro comunale di Popoli, l’immagine della rovina del teatro italiano, tuttora privo di una legislazione adeguata.

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