1997-2002: sei anni di lavoro comune tra gli Studi Teatrali dell’Università dell’Aquila e L’Uovo – Teatro Stabile di Innovazione
Nella stagione 1997-98 il Teatro Stabile di Innovazione “L’Uovo” e le cattedre di Storia del Teatro e dello Spettacolo e di Drammaturgia dell’Università dell’Aquila sperimentano una collaborazione sotto la denominazione di “Corso di Alti Studi Teatrali” che, praticando un’inedita sintesi di esigenze didattiche ed attese spettacolari, fa dell’Aquila un luogo teatrale d’eccezione, caratterizzato da passaggi artistici significativi, dal formarsi di un pubblico preparato ed appassionato e di un ambiente culturale dove l’approccio alla storia del teatro si fa esperienza civile viva e feconda.
E’ una relazione che in origine permette a “L’Uovo” di ampliare le applicazioni della propria vocazione istituzionale, rivolta al mondo giovanile e alla individuazione, sul territorio, di forme di promozione teatrale innovative e che, d’altro canto, consente di formulare in termini di maggiore continuità, con il supporto di basi logistiche solide e il sostegno di un apparato organizzativo di sicura efficienza, la già ampia proposta teatrale di cui, fin dalla metà degli anni Ottanta, con la designazione di Ferdinando Taviani alla cattedra di Storia del Teatro, l’ateneo aquilano si è fatto promotore.
E’ sull’alveo della precedente esperienza, e in continuità con l’orientamento scientifico e la politica culturale che nel corso di più di un decennio ha avvicinato all’Aquila le più significative realtà del teatro di ricerca contemporaneo, che si origina il nuovo corso, cui lo stesso Taviani e Mirella Schino, che ne condivide l’impegno accademico ed organizzativo al dipartimento di Culture Comparate, imprimono un insolito e straordinariamente “aperto” carattere di didattica teatrale. Con una felice ricaduta culturale sulla città, poiché le proposte spettacolari e seminariali, pur formulate in ambito accademico, sono rese fruibili anche ai non studenti: docenti, allievi delle scuole superiori, appassionati di teatro, che formano un pubblico sempre crescente e motivato. Inoltre, grazie alla specifica competenza de “L’Uovo” (presso il quale è attiva dal 1981 una scuola di teatro e che da anni tiene corsi per studenti e docenti nelle scuole di ogni ordine e grado), la partecipazione ai seminari può essere interpretata, anche per gli esterni, nei termini di un’effettiva frequenza a corsi formazione teatrale, in ordine ai quali la stessa associazione rilascerà degli attestati di partecipazione. Viene a ottenersi, in tal modo, tra gli Studi Teatrali e il “L’Uovo” un equilibrio di forze e di impegno e una funzionale condivisione di competenze e responsabilità.
Viaggio agli antipodi del teatro è il titolo del progetto, che inizialmente vede coinvolta, oltre “L’Uovo” e l’Università, anche l’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. E’ un “viaggio”, le cui tappe scandiscono programmaticamente i momenti di «un itinerario per la conoscenza e l’esperienza di aspetti lontani, opposti o nascosti rispetto a ciò che del teatro appare normalmente. Si tratta di antipodi geografici, sociali, concettuali e si tratta soprattutto – spiegano i promotori – di fornire basi concrete alla passione del teatro. Perciò sarà essenziale, nelle sue diverse sfaccettature, il concetto di esperienza». Gli incontri iniziano nel gennaio 1998, a conclusione de I mercoledì del Teatro, un’iniziativa autonoma degli Studi Teatrali, giunta alla seconda edizione, che in seguito, analogamente alla pratica parallela de I lunedì del teatro, diverrà parte integrante del Viaggio, ma alla quale per ora, in via sperimentale, “L’Uovo” fornisce solo una collaborazione esterna.
Il titolo dell’iniziativa è Scene del teatro eurasiano, espressione che si riferisce a quella dimensione della cultura teatrale contemporanea che consente di considerare unitariamente i grandi esempi degli attori e dei registi occidentali ed orientali. Il ciclo consta di nove incontri della durata di quattro ore, che hanno luogo all’Aula Magna “V. Rivera” e che affrontano, nel periodo compreso tra il 29 ottobre e il 28 gennaio 1998, i temi de Il Mahabharata di Peter Brook e Jean-Claude Carrière, La realtà del teatro eurasiano,Shakespeare nostro contemporaneo, I teatri classici dell’Asia, La tradizione del Grande Attore di cultura europea, Teatro e danza, Mito e realtà della Commedia dell’Arte, La persistenza del teatro. I mercoledì del teatro sono lezioni monografiche il cui svolgimento avviene in maniera polifonica, con interventi dei curatori, Ferdinando Taviani e Mirella Schino, e di ospiti, che portano le loro esperienze, con dimostrazioni pratiche di lavoro degli artisti invitati e con il contributo di immagini e documenti audiovisivi.
Il progetto di formazione teatrale Viaggio agli antipodi del teatro viene inaugurato al San Filippo, il teatro che L’Uovo ha ricavato dall’omonima chiesa e che nel 1987 ha ristrutturato ottenendo una sala teatrale di 272 posti, da due speciali repliche, nei giorni 26 e 27 novembre, dello spettacolo “Judith” dell’Odin Teatret, interpretato da Roberta Carreri con la regia di Eugenio Barba. Nella mattinata del 27 l’attrice incontra gli spettatori in teatro. E’ in realtà un ritorno, quello della Carreri, membro dell’Odin dal 1974, che nell’89, infatti, ha già portato all’Aquila, in occasione di un seminario organizzato dalla cattedra di Storia del Teatro e dal Teatro Accademico dell’Università dell’Aquila, lo spettacolo dedicato all’eroina biblica Giuditta. Oggi ritorna, dopo 250 repliche dal debutto (avvenuto nell’agosto 1987), proprio come esempio di teatro eurasiano, nel quale «non vi sono barriere fra teatro e danza, fra un personaggio e l’altro, fra racconto in prima persona e racconto in terza persona…Lo spettacolo – spiegano le notedi regia – è come una favola che isola ed esplora il campo dell’erotismo e della violenza, della vulnerabilità e della furia, attraverso l’estrema precisione della danza drammatica ed un testo che alterna poesia, storia e interferenze intime».
Pensare la storia del Teatro è il titolo del seminario intensivo tenuto al San Filippo, dal 28 al 30 gennaio, da Nicola Savarese del DAMS dell’Università di Bologna, Franco Ruffini del DAMS di Roma 3, e gli stessi Taviani e Schino. Seguirà dal 4 al 6 febbraio il Seminario di scrittura creativa curato da Clelia Falletti del Dipartimento dello Spettacolo dell’Università La Sapienza e destinato a soli venti partecipanti. Sul finire dell’anno accademico, “L’Uovo” contribuisce a finanziare l’iniziativa più avanti denominata In cerca di teatro, un viaggio di istruzione di trenta allievi, guidati da Mirella Schino, a Bergamo, presso il Teatro Tascabile. Bergamo costituisce, insieme all’Aquila e al DAMS di Roma 3, uno dei poli italiani dell’ISTA, la International School of Theatre Anthropology fondata da Eugenio Barba nel 1979, il cui campo di applicazione è lo studio dell’essere umano in una situazione di rappresentazione, del lavoro dell’attore in una dimensione transculturale. Gli attori del Tascabile, peraltro, nella dimensione specifica della loro ricerca, sono depositari di una profonda conoscenza dei teatri danza asiatici, dei quali anche in India sono considerati specialisti, e più volte nel passato hanno portato all’Aquila l’esperienza allo stesso modo del Kathakali e dello stile di danza femminile Odissi. Ma «Una cosa è conoscere il teatro attraverso gli spettacoli e i libri – commenta Mirella Schino – altra cosa è conoscerlo esplorando l’ambiente e la rete di relazioni in cui vive». Anche la consuetudine dei viaggi di istruzione sarà d’ora in avanti parte organica del Viaggio, siglando generalmente la conclusione delle attività di ciascun anno accademico.
Nell’anno 1998/99 la proposta congiunta degli Studi Teatrali e de “L’Uovo” contempla un fitto calendario di attività, nell’ambito del quale, dal 30 novembre al 2 dicembre, va registrato al San Filippo il secondo Incontro con l’Odin Teatret, seminario intensivo di Roberta Carreri e Torgeir Wethal all’interno del quale gli attori presentano, oltre la consueta dimostrazione di lavoro finale, anche le loro rispettive produzioni Orme sulla neve e I sentieri del pensiero (30 novembre e 1 dicembre). Si tratta in entrambi i casi di autobiografie artistiche, in cui viene mostrato ciò che appartiene al processo creativo dell’attore, quando lavora ad uno spettacolo. Più in particolare, come spiega la stessa Carreri, in Orme sulla neve «è la tecnica stessa che diventa protagonista. L’attrice, in prima persona, dialoga, esponendoli, con i segreti che precedono e seguono la costruzione di un personaggio e la creazione di uno spettacolo. La tensione che caratterizza ogni dramma appare in questo spettacolo/dimostrazione di lavoro attraverso un confronto tra il comportamento quotidiano dell’attrice e la sua trasformazione in comportamento scenico».
Anche quella di Torgeir Wethal è una conferenza-spettacolo in cui l’attore, solo sul palco, seduto a un tavolo da lavoro e con pochi strumenti scenici, traduce il suo personale codice interpretativo, riflettendo in particolare sul senso dell’improvvisazione nel processo di costruzione di un personaggio. Wethal è, insieme a Else Marie Laukvik e al fondatore, Eugenio Barba, membro dell’Odin Teatret fin dalla nascita nel 1964. Ha partecipato perciò a tutti gli spettacoli d’insieme della compagnia, dal primo, “Ornitofilene”, al più recente, “Mythos”, realizzando partiture fisiche e vocali di estrema precisione, complessità e forza emozionale, e curando, come regista, anche la produzione filmica dell’Odin. Nel pomeriggio del 2 dicembre, al teatro San Filippo, secondo una consuetudine ormai consolidata, ha luogo la dimostrazione conclusiva del seminario, dove viene a coagularsi, in forma di azioni sceniche, il senso e il vissuto delle giornate di lavoro teatrale trascorse in una relazione sempre più speciale e solidale con il pubblico aquilano.
La scomparsa di Jerzy Grotowski, avvenuta a Pontedera il 14 gennaio 1999, impone al Viaggio degli Studi Teatrali una sosta non programmata. Avvertito come un omaggio doveroso ma anche intimo e personale al grande maestro polacco, autore di uno dei testi più influenti della storia del teatro, Per un teatro povero (1968), regista di memorabili messinscene quali Akropolis (1962-67), Il principe costante (1965) e Apokalypsis cum figuris (1968-73), maestro di Eugenio Barba e membro dell’ISTA, una Serata d’onore per Jerzy Grotowski avrà luogo il 1 febbraio al San Filippo. Nel corso della serata, alla quale partecipa un pubblico numeroso e diversi ospiti, viene proiettato il film della scrittrice e regista svedese Marianne Ahrne, Teatro Laboratorio di Grotowski, e letti alcuni passi inediti da un suo romanzo in cui descrive i primi seminari tenuti dal regista.
Il mese di marzo vede realizzarsi un nuovo Incontro con l’Odin Teatret, legato in particolare alla presenza di una delle sue attrici simbolo, Iben Nagel Rasmussen. Iben è all’Odin dal 1966, anno in cui il gruppo si trasferì da Oslo nella sua attuale sede di Holstebro, in Danimarca. Degli spettacoli d’insieme dell’Odin cui ha preso parte si ricordano Kaspariana (1967), Min Fars Hus (1972), Come! And the day will be ours (1976), Anabasis, Brecht’s ashes (1980), Talabot (1988), (1991), Kaosmos (1993), Mythos (1999). Come Roberta Carreri e Torgeir Wethal, anche Iben è da tempo frequentatrice assidua e familiare degli Studi Teatrali aquilani, presso i quali ha presentato spettacoli, seminari e incontri.
Nelle serate del 22 e 25 marzo, al teatro dell’Accademia di Belle Arti, Iben presenta così per la seconda volta all’Aquila il suo spettacolo Itsi Bitsi, autobiografia teatrale interpretata insieme a Kai Bredholt e Jan Ferslev, con la regia di Eugenio Barba. La stessa genesi di Itsi Bitsi è in parte legata all’Aquila e a un seminario tenuto in città nel 1989 dove, secondo una sua prassi personale, Iben aveva lasciato fluire ed intersecarsi esperienze di vita e di lavoro sul palco del Ridotto del teatro comunale, accompagnata alla fisarmonica da un giovanissimo Kai Bredholt. Lo spettacolo tratta temi autobiografici dell’attrice, le visioni, i viaggi, le esperienze e i sogni condivisi negli anni Sessanta con il compagno Eik Skaloe, il primo poeta beat a cantare in danese, morto suicida in India nel ’68. Uno spettacolo che, nelle mani di Barba è divenuto «memoria di secondo grado», come spiegano le note, giacché in esso sono inseriti, in contrappunto rispetto al racconto e a divenirne il “doppio”, frammenti di precedenti spettacoli, usati come metafore rivelatrici e vive della sua autobiografia di attrice. Lo spettatore riconosce in tal modo Kattrin, la muta di Ceneri di Brecht, lo sciamano di Come! And the day will be ours, il trickster di Talabot, così che lo spettacolo diventi alla stesso tempo l’intreccio narrativo di tre percorsi in cui prende vita la memoria di un amore giovanile, la storia di una generazione in rivolta e la sintesi di una vicenda teatrale non soltanto privata.
Le due repliche di Itsi Bitsi sono inframmezzate, nella mattinata del 24 marzo, da una conferenza dell’attrice all’Aula Magna dell’università e dalla presentazione (in serata, al San Filippo) di Bianca come il gelsomino, un viaggio, questa volta compiuto attraverso la voce, per ricostruire la parabola della sua esperienza artistica all’Odin Teatret: dalla voce in sala chiusa, che permette all’attore di esprimere il suo mondo interiore, a quella degli spettacoli di strada, che rappresenta l’incontro con il mondo esterno, sino a quella dimensione in cui è la voce stessa a creare, con le sue sonorità, spazi differenti.
Nel mese di maggio si rinnova l’incontro con il Teatro Tascabile di Bergamo: con il suo regista, Renzo Vescovi, e gli attori Caterina Scotti e Beppe Chierichetti. Il titolo del seminario è L’amore profano di Firs e si tiene al teatro San Filippo dal 3 al 5. Nelle serate del 4 e del 5, vengono presentati L’ultimo fiore di Firs, ciarla su uno spettacolo da fare di Beppe Chierichetti, e Amor sacro, amor profano interpretato dallo stesso Chierichetti e da Caterina Scotti, con la regia di Renzo Vescovi. Quest’ultimo è uno spettacolo che si origina dall’audace congiungimento della forma del Barata Natyam, danza femminile di matrice religiosa che incarna, per antonomasia, il teatro danza classico indiano, e quella del Flamenco, danza profana, sensuale e passionale, espressione di un popolo nomade che proprio in India vide iniziare la sua diaspora in Occidente. Contestualmente, a più di venti anni di distanza dal primo viaggio in Oriente, Chierichetti, che ha fatto proprie le più grandi tradizioni sceniche indiane, presenta ne L’ultimo fiore di Firs, in forma di colloquio con il pubblico, il tentativo di operare una sintesi artistica e tecnica delle esperienze fatte. Per i promotori, l’incontro con il Tascabile è da intendersi come una sorta di “progetto vivente”, fatto di diversi momenti di contatto, in cui viene mostrato l’impiego dei principi propri dei teatri orientali all’interno della grande tradizione occidentale, in una dimensione che possa rendere concreta allo spettatore l’idea stessa del teatro eurasiano. Si conclude in tal modo l’annualità ‘98/99 del Viaggio agli Antipodi del Teatro; il viaggio di istruzione conclusivo porterà sei allievi degli Studi Teatrali a Pontedera, come osservatori di alcuni eventi all’interno del festival “Passaggio a Pontedera”, diretto da Roberto Bacci.
Anno accademico 1999/2000: la pratica quinquennale dei Lunedì del Teatro viene inaugurata lunedì 6 dicembre con Una giornata di studi teatrali, all’interno della quale si avvicendano l’appuntamento pomeridiano all’Aula Magna con Nicola Savarese e la sua conferenza spettacolo Ciò che resta dei teatri a un viaggiatore, e quello serale, al teatro San Filippo, con il concerto Il Melologo, curato da Cesare Scarton del Conservatorio “A. Casella” dell’Aquila. Il Viaggio degli Studi Teatrali incomincia in realtà qualche tempo prima, nel pomeriggio dell’8 novembre, all’Aula Magna, con la presentazione ufficiale, alla presenza del fondatore dell’Odin Teatret e di molte altre personalità, del volume Eugenio Barba, il prossimo spettacolo, pubblicato dall’Editore Textus, a cura di Mirella Schino e con la collaborazione di un gruppo di studenti. Il libro raccoglie i discorsi tenuti dal regista nell’ambito della collaborazione degli Studi Teatrali dell’ateneo aquilano con l’ISTA.
«Tra l’89 e il ’97 – scrive Mirella Schino nella premessa al volume – Barba è stato più volte presente all’Aquila, sia con gli spettacoli dell’Odin Teatret che da solo….Benché tra l’uno e l’altro passassero mesi, e talvolta anni, ogni discorso sembrava si riallacciasse al precedente….E’ come se si fosse servito della relativa continuità delle tappe aquilane per affrontare il tema del lavoro mentale del regista…Può darsi che per Barba le tappe aquilane siano state momenti di confidenza. Non descrizioni di tecniche d’attore o di regista, ma confidenze su un personalissimo fare teatrale».
Accanto ai discorsi di Barba il libro raccoglie il frutto di un lungo lavoro seminariale portato avanti con ventuno studenti per mettere a punto materiali sulla storia dell’Odin. Alessandra De Benedictis, Anna Colucci, Anna Rita Bubici, Antonella Lattanzi, Barbara Chiarilli, Cristiana Alfonsetti, Daniela Marulli, Daniele Milani, Donatella Di Sibio, Fabiana D’Ascenzo, Leonardo Tricarico, Maria Cocciolillo, Marilena Spanò, Maristella Luzi, Noemi Tiberio, Oriana Mercurio, Paolo De Felice, Riccardo Scafati, Roberta Bafile, Rossella Teramano, Stefania Mancini, questi i nomi dei redattori, hanno svolto per quasi due anni un lavoro collettivo che è servito anche a costruire un contesto intorno agli spettacoli del gruppo danese e che genera comprensibile soddisfazione, essendo allo stesso tempo, il primo impegno a tutti gli effetti professionale e il contributo scientifico più aggiornato alla storia dell’Odin.
Nell’adattabilità della formula che lo caratterizza, il ciclo dei Lunedì del Teatro realizzerà nella stagione 2001/2002 il programma Geografia dei Teatri – introduzione agli orizzonti della scena, avvalendosi ancora una volta della collaborazione del DAMS di Roma 3, del Conservatorio e dell’Accademia di Belle Arti dell’Aquila. Guidati da Ferdinando Taviani e Mirella Schino, gli incontri consisteranno di lezioni universitarie monografiche che esploreranno ogni volta un tema in sé concluso; potrà come sempre trattarsi anche di relazioni di viaggio, frammenti di spettacoli e dimostrazioni di lavoro. «La “geografia dei teatri” – si legge in una nota di presentazione – è anche una via per raccontare la storia. Indica un modo di guardare che mette a fuoco il teatro come fattore di cambiamento, di reagente, i modi in cui i teatri operano per crearsi un contesto, per trasformare, intorno a sé, pubblico, legami, relazioni, territorio. Esiste una geografia interiore dell’immaginazione, quella in cui il teatro diventa, al suo interno, una sorta di microcosmo…Ed esiste una geografia esterna, oggettiva…Ogni lunedì viene sfogliata una pagina diversa di questo ideale libro di storia-e-geografia dedicato ai teatri del mondo…».
Il sopraccennato concerto dedicato al melologo, a cura di Cesare Scarton, la cui collaborazione acquisirà un carattere di stabilità nell’ambito delle attività svolte dagli Studi Teatrali in sinergia con “L’Uovo”, esemplifica in maniera appropriata la filosofia che sta sottesa alla nuova annualità dei Lunedì del Teatro. Creato alla seconda metà del ‘700 da Jean-Jacques Rousseau come critica al teatro musicale dell’epoca, il melologo è una forma mista in cui confluiscono i due differenti linguaggi della recitazione e della musica. Un genere, dunque, strettamente connesso al teatro e alla figura del declamatore, specializzato nella tecniche della dizione e nel potenziare il carattere visivo e descrittivo del testo, il quale, per il massimo coinvolgimento emotivo dell’uditore, viene a trasformarsi in «teatro virtuale».
Nel pomeriggio di lunedì 30 gennaio, all’Aula Magna “V. Rivera”, Geografia dei Teatri ospita lo studioso Raimondo Guarino, docente dell’Università di Bologna, per una conferenza dal titolo La Raffaello Sanzio e i nuovi territori del teatro, incentrata alla strategia artistica della compagnia teatrale nata nell’81 a Cesena e caratterizzata da un percorso molto radicale di rottura in direzione del superamento dei limiti del linguaggio teatrale tradizionale.
Nella varietà delle esperienze proposte, nell’ampiezza dell’orizzonte della scena che va delineando, allo stesso tempo sul versante storico, tecnico ed estetico, Viaggio agli Antipodi del Teatro viene sempre di più ad assumere la valenza di una vera e propria alternativa culturale, in termini di fruizione teatrale, per una fetta crescente di pubblico aquilano e non solo. Il cartellone di quest’anno è ancora una volta incentrato ai temi del lavoro e della cultura del teatro, affrontati attraverso moduli didattici aperti, ai quali sono ammessi a partecipare tutti coloro che abbiano interesse a conoscere il lavoro teatrale dall’interno, nelle sue condizioni pratiche e nei suoi valori estetici e culturali. Gli incontri alternano dimostrazioni pratiche a momenti di riflessione storica, in un itinerario che conduce processualmente dal momento delle prove a quello della performance e dello spettacolo. Ecco dunque avvicendarsi all’Aquila il Teatro Proskenion di Scilla, il Teatro Tribù di Chiavasso, il Teatro Tascabile di Bergamo e nuovamente, a segnare un secondo acme nelle attività di questo anno teatrale, l’Odin Teatret di Holstebro.
Il Teatro Proskenion propone nei giorni 9 e 10 marzo un seminario della durata di due giorni dal titolo Pulcinella a pezzi, il cui punto di partenza è costituito dalle prove aperte dello spettacolo omonimo, basato su una moderna lettura della Commedia dell’Arte. Il Teatro Proskenion, spiega un comunicato stampa, «è uno dei fenomeni di frontiera del teatro italiano». Apparentemente marginale ed estraneo al sistema ufficiale del teatro sovvenzionato, opera in realtà in una dimensione internazionale ed affianca all’organizzazione di iniziative di ampio respiro (come l’Università del Teatro Eurasiano, che si tiene a Scilla tutti gli anni, nel mese di giugno, e che è parte integrante dell’ISTA), attività che si svolgono nel più completo anonimato. «L’incontro con il Teatro Proskenion – concludono gli organizzatori – è il momento centrale di una riflessione sul senso del teatro nella cultura del nostro tempo…contro i preconcetti e le illusioni che ne gonfiano il valore nella nostra società del benessere e delle sovvenzioni, ma anche contro il cinismo di chi sminuisce le esperienze e le pratiche che non rispettano le cosiddette leggi del mercato».
Basato sul precario equilibrio fra premeditazione ed improvvisazione – riportano le note di sala – «Pulcinella a pezzi è stato visto come una delle più originali, acri e sorprendenti filiazioni della Commedia dell’Arte, libero dai manierismi che solitamente contraddistinguono i tentativi di restaurare il teatro degli antichi comici italiani. La tradizione delle maschere è rivissuta in maniera originale, libera dai paradigmi tradizionalisti, dallo scultore Fabio Butera e costituisce il cuore di una riflessione attiva cui partecipa l’intero ensemble del Teatro Proskenion».
Al seminario della compagnia calabrese segue, il 4 aprile al San Filippo, l’Incontro con il Teatro Tribù. La giornata prevede tre differenti momenti: al mattino il regista e gli attori presentano il loro progetto e le loro intenzioni, nel pomeriggio fanno una prova pubblica del loro spettacolo Compagni, alla sera rappresentano lo spettacolo in teatro. Prodotto dal Teatro Tascabile di Bergamo, su testo di Simone Capula, Compagni è costruito sulla corrispondenza di Piero Gobetti con la sua sposa Ada Prosperi. L’incontro con il teatro è, in sintesi, il paradigma dell’intero processo di creazione scenica, è la prassi dello spettacolo raffigurata nella forma laboratoriale di una sola giornata.
Nei giorni 27 e 28 aprile, al San Filippo e alla facoltà di Lettere, Viaggio agli antipodi del teatro torna ad ospitare il Teatro Tascabile di Bergamo. Come accennato, non è un caso che i protagonisti dell’incontro siano gli stessi di quello precedente: il regista Renzo Vescovi, e gli attori Caterina Scotti e Beppe Chierichetti, dal momento che la due giorni del Tascabile permetterà di vedere compiutamente in scena L’ultimo canto di Firs, ovvero l’approdo di quella Ciarla su uno spettacolo da fare i cui materiali l’attore aveva presentato proprio all’Aquila nel maggio ’99. Cucito con il filo delle memorie e delle suggestioni personali e professionali applicate a una delle opere meno note di Checov, Il canto del cigno, il testo viene intrecciato a una scelta di opere di Conrad. La risultante è «una sorta di confessione e di riflessione pubblica, una meditazione ironica e drammatica sulla condizione dell’attore e sul senso dell’arte scenica, sempre in bilico tra ciò che deve essere recepito perché lo spettacolo abbia senso, e ciò che non trapelerà mai, perché altrimenti perderebbe il suo senso». Il senso del lavoro teatrale è nuovamente al centro dello spettacolo presentato da Caterina Scotti Il principe dei gigli, da lei scritto e interpretato.
Interseca il seminario del Tascabile, nel periodo compreso tra il 3 aprile e il 3 maggio, il seminario di Cesare Scarton sul tema La regia nel teatro d’opera. Un’attività culturale d’eccezione, non soltanto per l’autorevolezza di Scarton in questo specifico settore, ma anche per la vastità della documentazione videoregistrata che sarà messa a disposizione dei partecipanti e che va dalle opere di Chereau, Wilson, Strehler, agli spettacoli di Zeffirelli, Visconti, Sellars, Pomelle, Losey, Stein, Miller e Maria Callas. Il corso introdurrà, attraverso 5 appuntamenti (tutti i lunedì dalle 11 alle 13 al San Filippo) al mondo del teatro musicale e alle problematiche specifiche dell’allestimento, della recitazione, del movimento scenico, della figura del cantante-attore. Partendo dalla nascita della regia nel teatro d’opera, la mise-en-scène del melodramma ottocentesco e le disposizioni sceniche delle opere verdiane, il percorso scaturirà direttamente dall’analisi del testo drammaturgico e musicale di alcune opere liriche, fra cui il Don Giovanni e Così fan tutte di Mozart, Tosca e Madama Butterfly di Puccini, Il crepuscolo degli dèi di Wagner e Lulu di Berg. L’ultimo appuntamento, giovedì 4 maggio, è una lezione aperta sul lavoro svolto dal Laboratorio di Arti Sceniche del Conservatorio “A. Casella”, nella quale verranno presentati dal vivo alcuni brani d’opera tratti da Otello e Falstaff di Verdi, Madama Butterfly, Werther di Massenet, Il flauto magico di Mozart.
A conclusione di un’annualità eccezionale, per il tenore e l’intensità degli eventi, Viaggio agli antipodi del teatro mette a segno un altro significativo risultato, ottenendo di avere ospite all’Aquila l’intera compagnia dell’Odin Teatret, con il suo regista Eugenio Barba e un ricco insieme di spettacoli e seminari. L’Odin giunge all’Aquila al termine di una tournée italiana che ha in realtà toccato soltanto il Teatro di Roma, dove la sua ultima produzione Mythos è stata in cartellone per più di un mese e dove il gruppo ha tenuto anche dei seminari e degli incontri, secondo il programma che sarà analogamente sviluppato in Abruzzo. La stessa tournée dell’Odin Teatret si è realizzata grazie a una sinergia che ha visto cooperare gli Studi Teatrali dell’Università dell’Aquila, il Teatro Stabile di Innovazione “L’Uovo”, il DAMS dell’Università di Roma 3, il Teatro di Roma e, all’Aquila, in particolare, venire a sostegno dell’iniziativa la Regione Abruzzo, l’associazione culturale Il Castello delle Centofate, l’Accademia di Belle Arti, il Conservatorio “A. Casella” e l’Istituto Salesiano. Mythos 2000 è il titolo del progetto che si snoderà dal 30 maggio al 3 giugno in diversi spazi cittadini: l’Università, il teatro San Filippo, il Forte spagnolo e il teatro dell’Accademia di Belle Arti. Due gli spettacoli in programma: l’uno, Nello scheletro della balena, sarà presentato al bastione sud del Castello, nelle serate del 30 e 31 maggio, per un massimo di 50 spettatori a sera, l’altro, Mythos, sarà in scena al teatro dell’Accademia di Belle Arti per tre repliche, aperte ciascuna a 100 spettatori, da giovedì 1 giugno a sabato 3. Si tratta della più lunga permanenza dell’Odin all’Aquila nella pur ricca storia dei suoi rapporti con gli Studi Teatrali.
Interpretato da Kai Bredholt, Roberta Carreri, Jan Ferslev, Tage Larsen, Iben Nagel Rasmussen, Julia Varley, Torgeir Wethal, Franz Winther, testo e regia di “Nello scheletro della balena” sono di Eugenio Barba. «Lo scheletro – spiega il fondatore dell’Odin nel programma di sala – è ciò che resta quando il teatro ha perduto tutto ciò che è fatto per essere visibile e raccontato, conservando però quel che lo regge dall’interno e lo tiene in piedi: le storie sotterranee che guidano gli attori; la relazione fra attori e spettatori; la ricerca di un contatto e di un vuoto fecondo, dal quale il senso, differente per ciascuno spettatore, possa emergere e zampillare». Lo spettacolo è, infatti, l’ossatura del precedente Kaosmos, anch’esso noto al pubblico dell’Aquila, dove è stato rappresentato nel ‘96. Ma di quello non ci sono più i costumi, né i colori, né le scenografie: in una sala dalla luce fioca, fra due bianche tavolate dove siedono i 50 spettatori ammessi, si svolge quello che Barba chiama “un rituale vuoto”. Gli attori, che vestono i loro abiti quotidiani, compiono le azioni dei loro rispettivi ruoli, ma se ne percepisce soltanto il disegno, poiché mancano gli oggetti che venivano mossi dalle loro azioni. A complicare la comprensione allo spettatore, sia pure memore del precedente spettacolo, giunge il fatto che Barba ha aggiunto anche altri testi, provenienti dal Vangelo di Oxyrhincus; e però tradotti: sono testi arcaici e blasfemi e trasformano in maniera nichilista le parole dei Testi Sacri. E’ in questa solitudine sentita forse all’unisono da attori e spettatori che prende forma il dramma come significato delle azioni concatenate.
Se Nello scheletro della balena è “un rituale vuoto”, Mythos è espressamente, già nel sottotitolo, un rituale per il “secolo breve”. Testo e regia sono di Eugenio Barba, che ne aveva in qualche maniera preannunciato i contenuti in una conferenza tenuta all’Aula Magna “V. Rivera” nel novembre ’96. Il cast è lo stesso del precedente spettacolo. «Una veglia funebre – spiega un comunicato stampa – seppellisce la Rivoluzione, alla fine del secolo, e la trasferisce nell’arido mare dei miti, sull’arena dove Edipo incontra Odisseo; dove Medea si scontra con Cassandra, dove Orfeo accompagna Dedalo, che lamenta suo figlio caduto nel volo; e dove Sisifo fa e disfa continuamente il passaggio. I versi del grande poeta danese Henrik Norbrandt si sono trasformati nei monologhi e nei dialoghi dei protagonisti degli antichi miti e del loro giovane fratello moderno, il mito della Rivoluzione. Quest’ultimo non smette di marciare anche dopo la morte…è un giovane ribelle sudamericano, un fante della “colonna Prestes”». Attorno allo spettacolo, secondo la prassi dell’Odin nei suoi spostamenti, hanno luogo le attività seminariali e le conferenze. Eugenio Barba ne tiene una all’Aula Magna nel pomeriggio del 31 maggio, dal titolo Teatri, diversità, resistenza. Venerdì 2 giugno, al cinema teatro Don Bosco, ha luogo la dimostrazione di lavoro degli attori Tage Larsen e Julia Varley; sempre al Don Bosco, nella mattinata di sabato 3, Dialogo fra due attori è la dimostrazione di lavoro curata da Roberta Carreri e Torgeir Wethal. Quest’ultima costituisce lo sviluppo e il punto di arrivo del seminario tenuto all’Aquila nel novembre ’98.
E’ un valore, quello della continuità di rapporti con gli artisti, che Viaggio agli antipodi del teatro ha posto nel suo programma sin dall’inizio, come strategia allo stesso tempo culturale e didattica, e che resta fondamentale, come si evince anche dalla nota conclusiva alle attività di questo anno accademico messa a punto da Ferdinando Taviani. Se «il contatto con il teatro tende oggi ad essere assoggettato alle regole del turismo, le iniziative che “L’Uovo” svolge in comune con gli Studi Teatrali dell’Università dell’Aquila vogliono essere complementari a ciò che caratterizza la vita teatrale nelle sue normali stagioni: poiché questa è necessariamente basata sulla rassegna delle “novità”, si tratta di esplorare e concretizzare l’altra dimensione: quella della continuità nel rapporto attori-spettatori. Occorre che determinati artisti tornino più volte, in tempi diversi, per confrontarsi con spettatori che hanno già osservato altre fasi del lavoro. Attraverso questi sguardi reiterati in tempi e fasi diverse, si crea la profondità del campo e si passa dall’effervescente viaggio turistico alla vera e propria cultura del viaggio. Non è facile oggi viaggiare incontrando artisti di qualità, che abbiano una profonda esperienza della propria professione. La situazione marginale del teatro nell’orizzonte degli spettacoli del nostro tempo sembra giustificare indulgenza e grossolanità. Sono rarissimi i casi in cui, al contrario, generi come reazione il gusto e il rigore della ricerca e la fatica dell’invenzione. Gli antipodi del teatro sono anche questo: un’esperienza dell’andare come modo per distinguersi dall’andazzo e per opporvisi».