Castelbasso 2018 nel segno di Fabio Mauri

Le opere di Fabio Mauri (1926-2009) del decennio 1968 – 1978 sono state il nucleo dell’edizione 2018 della rassegna estiva promossa dalla Fondazione Malvina Menegaz nel borgo di Castelbasso (TE). La mostra è a cura di Laura Cherubini e giustappone opere, installazioni, disegni e fotografie di azioni e di interventi rappresentativi della complessità dello scenario artistico, politico e ideologico di Mauri. Schermi, Dramophone, fotografie, cimeli dichiarati autentici, come il microfono di Mussolini, utilizzati da Mauri come strumenti di coivolgimento dello spettatore. Tra i “relitti” di interventi e performances anche quelli di azioni, tra tutte “Che cosa è il fascismo”, che molti abruzzesi hanno avuto la fortuna di  vivere in prima persona, avendola Mauri inscenata anche all’Aquila, città in cui ha insegnato per anni Estetica all’Accademia di Belle Arti, ateneo che coinvolse interamente anche nella produzione della sua “Gran Serata futurista 1909-1930”.

“Una città può dirsi culturale non quando ospita cose culturali ma quando diventa il terreno adatto per ospitare le novità della cultura… quando diventa serra e humus fertile”. Così diceva Mauri  nel 1994, in occasione di un altro storico omaggio dell’Abruzzo a Fabio Mauri (organizzato da Giancarlo Gentilucci con la sua neonata “Accademia Arti e Spettacolo” al Forte Spagnolo dell’Aquila. “Che cosa è il fascismo” arrivava all’Aquila, dopo le presentazioni di Venezia, New York, Prato e Roma,  il 29 novembre 1994, contando sul contributo imprescindibile degli allievi dell’accademia abruzzese, in quanto, per sua stessa dichiarazione, alla maniera dei Futuristi, Mauri amava lavorare non con attori ma con giovani artisti in una scommessa di “lavoro inventivo” e allo stesso tempo scommessa di portare spettacoli politicamente ardui nei luoghi istituzionali dell’arte e riempirli di pubblico (cfr. G. Felli, “L’Aquila, Che cosa è il fascismo, omaggio a Fabio Mauri da martedì al Forte Spagnolo”, Il Messaggero, 26.11.1994).

Nelle sue “Note tecniche comunque disorganiche sull’azione ‘Che cosa è il fascismo’” Mauri scriveva che “La casualità, e le sue imperfezioni, forniscono alla trama ideologica il concreto dell’umano e dell’attuale… Si sperimenta in poco tempo l’ideologia falsa, l’abisso della Superficialità istituzionalizzata, la Tautologia del Potere assoluto, la malignità intima della Bugia nascosta nell’Ordine, la vergogna della confusione culutrale, l’irresponsabilità di chi avoca a sé la libertà del giudizio collettivo, l’inganno della giovinezza che porta grazia e fiducia a fare da preludio ad ogni proprio massacro”.

Fabio Mauri, “Che cosa è il fascismo”, ph. Claudio Abate

E sull’azione, ancora dall’Aquila, giungeva la riflessione di Ferdinando Taviani nella sua conferenza “Cose dell’altro mondo, l’arte figurativa che fa teatro in Mauri”: “Sentendo parlare mi pareva improbabile, eppure Mauri riesce nel suo intento. Che cosa è il fascismo impressiona per la sua credibilità al livello immediato e diretto della percezione dello spettatore. E’ una ‘cosa’ del fascismo posta sotto i nostri occhi….Una parte del nostro cervello vede il velo di Maia, vede che lì c’è la vita, la giovinezza, la gioia seriosa e tenuta nascosta dai ragazzi che si vorrebbero già adulti. L’altra parte del nostro cervello sa che lì c’è già morte, macellai e carne da macello…Nell’esporre la giornata di saggi ginnici…una ‘cosa’ sia del fascismo che della giovinezza dell’autore, c’è molta tenerezza. E la tenerezza qui non è nostalgia, ma crudeltà, cruda contemplazione di una giovinezza che Mauri definisce ‘barata’”.

 

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